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I SEGNI DI MILANO

                                   (Milano, Italia)

Trovo sempre molto interessante osservare le città dall’alto, ogni volta che faccio una ricerca su un’architettura o un luogo qualsiasi amo prima guardarlo dall’alto, nel suo contesto.

L’intuizione dell’architettura fascista di progettare edifici che componessero delle scritte se visti in volo, oggi sarebbe geniale, considerando che nel secolo scorso solo poche persone potevano permettersi di volare ed ammirare queste opere. Oggi possiamo volare tutti, e chi ha paura di prendere l’aereo può volare dal proprio computer, osservando come un esploratore tutto il mondo. Possiamo zoomare, vedere in 3D, guardare una foto scattata chissà da chi e tornare altissimi osservando tutto nel suo insieme. Uno strumento contemporaneo per osservare e studiare la città.

Guardando il territorio dall’alto, alle diverse scale, saranno evidenti dei “segni”. Trovo estremamente interessante chiedermi cosa siano, perché esistano, in che modo siano arrivati fino a noi in parte o perché talvolta non esistano più; brevemente mi domando: "Qual è la storia di questi segni e quindi qual è la storia della nostra città?"

Penso che una città vista dall’alto sia un po’ come un’impronta digitale o il palmo di una mano, può rivelare molto per chi è in grado di osservarla. 

 

Ora, osserviamo Milano nella sua interezza:

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Anche senza zoomare è evidente la grandissima e squadratissima Piazza Duomo, proprio al centro della città. La piazza assume questa fisionomia dopo varie demolizioni, per commemorare la neonata Italia e il suo primo re a cui sarà dedicata la galleria (Vittorio Emanuele II). Il progetto fu realizzato da Giuseppe Mengoni a partire dal 1865.

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Il fitto tessuto medievale del centro è all’interno di una sorta di cerchio, questo segno rappresenta la giacitura delle mura medievali e al tempo stesso la cerchia dei Navigli che fungevano da fossato e come via per il trasporto delle merci. Il marmo per il Duomo arrivava da Candoglia via acqua fino al Laghetto di Santo Stefano, oggi ricordato dalla Via Laghetto a pochi passi dall’Ospedale Maggiore del Filarete. Milano non nasce su un grande fiume, ma con varie opere ingegneristiche fa dell’acqua il suo simbolo.

Questo è ancora molto evidente osservando  attentamente la città.

Paragonare la città di Milano di inizio Ottocento, con i suoi canali e le sue vie d'acqua, alla Milano contemporanea, fa quasi impressione.  Esagerando è come se ci immaginassimo Firenze o Roma con l'Arno o il Tevere interrati. A tal proposito risulta molto interessante il progetto di riapertura dei navigli. Riportarli alla luce in punti strategici è un po’ come dire: “non possiamo riportarvi completamente alla luce perché forse sarebbe inutile o perché la città non è ancora pronta, ma proponiamo questi frammenti del passato”. Lo considererei più come uno scavo archeologico che come la riapertura di un fiume.

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Poco più esternamente è evidente il segno lasciato dalle Mura Spagnole, chiamate così perché sorte dal 1549, quando Milano sottostava al dominio spagnolo. Questa è la terza cerchia di mura. Non ho citato le mura romane perché non saltano all’occhio guardando Milano a questa scala. In molte città durante il XVI si costruirono nuove mura, un po’ perché queste dovevano espandersi oltre la cinta medievale ed essere comunque difese, ma soprattutto perché servivano mura molto più spesse per difendersi dalle nuove armi azionate dalla polvere da sparo. Come tutte le precedenti, anche queste mura erano circondate da un fossato che prendeva acqua dai Navigli.

La modernità portò inevitabilmente all’interramento di buona parte dei Navigli, per bisogno di spazio e perché considerati insalubri, e all’abbattimento delle mura ormai obsolete. Lo spessore di queste ha permesso di sfruttare l’area che occupavano per la creazione di grandi viali alberati oggi invasi dalle automobili.

In tal senso è interessante il progetto della Feltrinelli di Herzog e De Meuron perché ricrea come un frammento volumetrico delle mura, riportando alla luce una giacitura del passato.

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La maggior parte dei segni che vediamo, sono in qualche modo legati alla trasformazione ottocentesca di Milano, avvenuta su progetto di Beruto a partire dal 1889. Mi capita spesso di pensare come i grandi urbanisti avessero tutti un nome molto forte, Beruto, Cerdá, Haussmann e a pensare come dovesse essere bello per un politico dell'epoca dire: “Cari cittadini se noterete un po’ di disordine in città è perché stiamo realizzando il piano HAUSSMANN”.

I piani dell’800 sono stati fondamentali per affrontare l’avvento della modernità, hanno risanato i centri storici, creato un disegno ordinato con misure opportune su cui organizzare la nuova espansione e dato grandi spazi verdi alla cittadinanza.

Con l’ultima versione del Piano Beruto si decise definitivamente di destinare lo spazio occupato dalla piazza d’armi a parco pubblico. Sorse così una nuova piazza d'armi, oggi conosciuta come City Life e su progetto di Alemagna venne creato Parco Sempione. A pochi chilometri da questo nuovo e grande spazio verde, fu realizzato Parco Indro Montanelli su progetto di Piermarini, utilizzato dalla cittadinanza già da fine ‘700. Venne anche risolto il rapporto tra la città e il castello. Il Piano riprese parzialmente il disegno ottocentesco dell'Antolini per Napoleone: il Foro Bonaparte. Il progetto prevedeva un nuovo centro politico della città, capace di rappresentare i valori democratici e borghesi della rivoluzione. Un grande cerchio costruito attorno al castello delimitava un’enorme piazza sulla quale si sarebbero dovuti affacciare importanti edifici pubblici. Quasi cento anni dopo Il cerchio rimasto su carta si concretizza in un grosso ovale ben visibile. Da qui il nome di Foro Bonaparte, con cui è conosciuta la zona, che rimane una degli angoli più belli e suggestivi di Milano.

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Questo è quello che vedo guardando Milano dall’alto.

Testo e schizzi A.A.
Post produzione G.A.

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